Ubuntu

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Un antropologo studioso degli usi e costumi di una tribù africana, trascorsi parecchi giorni in prossimità e osservazione degli bambini africani in cerchioindigeni, decise di introdurre un piccolo gioco dedicato ai bambini di quella tribù per esplorarne dinamiche di relazione ed aggregazione.

Un gioco semplice, dagli esiti per nulla scontati e semplicistici (come leggerete).

Il ricercatore si recò nella vicina città e acquistò alcune caramelle e dolciumi; raggruppò le leccornie in un bel cesto decorato e adornato, sistemò il cesto ai piedi di un albero, e quindi invitò i bambini a gareggiare in un gioco di velocità.

Chi di loro correndo fosse arrivato per primo al cesto, sarebbe stato proclamato vincitore e avrebbe conquistato il diritto esclusivo delle caramelle in esso contenute.

Dunque i bambini si disposero come da indicazioni l’uno affianco all’altro, preparandosi a scattare al cenno del segnale convenuto.

Quando l’antropologo diede il via alla gara, i bambini iniziarono a correre…in un modo piuttosto singolare e inaspettato: anziché gareggiare l’uno contro l’altro, i bambini si presero per mano e corsero tutti insieme, l’uno affianco all’altro, l’uno con l’altro.

Dunque tutti insieme arrivarono ai piedi della pianta, e unitamente si proclamarono vincitori del cesto gustandone felicemente e rumorosamente l’intero contenuto.

Incuriosito, l’antropologo si avvicinò e chiese ai bambini come mai avessero deciso di correre insieme dato che uno di loro avrebbe avuto la possibilità di vincere, e aggiudicarsi il premio tutto per sé.

I bambini risposero “Ubuntu: come potrebbe essere felice uno di noi se tutti gli altri sono tristi?!“.

Ubuntu, ovvero (come recita la cultura degli Xhosa) io esisto perché noi esitiamo; io sono perché noi siamo. La persona non viene considerata come individuo a sè stante, ma come parte di un intero (uomini ed ambiente) cui appartiene in un’ottica di cor-relazione.

Pertanto la qualità della tua vita è in relazione alla qualità della vita altrui, e fare agli altri significa in realtà fare anche a te stesso/a.

Esprimi pienamente te stesso/a nel momento in cui ti esprimi per gli altri, e offri pienamente a te stesso/a nel momento in cui stai offrendo anche a qualsiasi altra persona/contesto/società/mondo.

Per una cultura da “numeri 1” e “one man show”, ubuntu comporta un radicale cambio di paradigma e direzione: anziché competere e rivaleggiare per conquistare il podio e sentirsi vincenti, ha senso collaborare e cooperare perché siamo tutte maglie di una stessa catena…e un singolo anello debole indebolisce anche tutto il sistema nel suo complesso.

proverbio africanoIn effetti, già in ambito aziendale la prospettiva vincente è legata all’interdipendenza ed alla sinergia delle persone, e sempre più società investono risorse crescenti nel lavoro di squadra e nell’efficenza in team.

È sempre più chiaro che per andare lontano, devi essere in compagnia.

Se vuoi andare veloce vai da solo. Se vuoi andare lontano vai insieme.

– Proverbio africano

La competizione continua ad avere senso in un’ottica di cum-petere, ovvero inisieme-chiedere; io e te non giochiamo una partita da singolo ad eliminazione ed esclusione l’uno dell’altra, quanto più una partita in doppio in cui vicendevolmente ci sosteniamo ed incoraggiamo.

Perché in un mondo costituito da un insieme di parti interconnesse, la tua vittoria, il tuo benessere, i tuoi guadagni sono a vantaggio del Tutto; e lo stesso ovviamente dicasi per situazioni di tipo opposto.

Traducendo il discorso anche su un piano accademico, in uno dei suoi innumerevoli studi matematici Paul Erdős ha concluso che tanto più una rete si arricchisce di elementi, tanto minore è la percentuale di collegamenti necessari per unire tali elementi.

Applicando alla rete umana i suoi calcoli matematici, questo significa che nella moltitudine di 7 miliardi di esseri umani, è sufficiente conoscere 28 persone per poter raggiungere qualsiasi altra persona nel mondo.

E questo significa anche che nel nostro mondo, gli uni con gli altri, siamo molto più vicini e molto più prossimi di quanto la distanza fisica possa farci credere.

Concludendo…

Mufasa: Tutto ciò che vedi coesiste grazie ad un delicato equilibrio. Come re, devi capire questo delicato equilibrio e rispettare tutte le creature viventi, dalla piccola formica alla saltellante antilope.

Giovane Simba: Ma papà, noi non la mangiamo l’antilope?

Mufasa: Si Simba, ma lascia che ti spieghi. Quando moriamo i nostri corpi diventano erba e le antilopi mangiano l’erba. E così siamo tutti collegati nel grande Cerchio della Vita.

– Il Re Leone

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