Il caso vuole che quest’anno i miei figli abbiano occasione di frequentare la stessa scuola. Tommaso sta ultimando la quarta elementare, mentre Isabella la classe prima. Ogni mattina varcano insieme il portone d’ingresso dell’istituto (mano nella mano), e spesso si rivedono all’ora della ricreazione.
Qualche giorno fa, nel bel mezzo di una chiacchierata informale di ritorno da scuola, Isabella prende la parola e con fare rammaricato dice: “Io mamma ogni tanto a ricreazione cerco Tommaso per dargli un abbraccio, ma lui scappa sempre e va via”. Ascolto incuriosita, riservandomi di chiedere a Tommaso la sua versione dei fatti. “In effetti mamma”, dice lui, “mi vergogno ad abbracciare Isa davanti ai miei compagni e quindi… preferisco allontanarmi e fare finta di niente”. Si sa: lui ormai è grande, e lei invece piccolina.
Da parte mia, gli ho risposto ricordandogli quanto capitato in montagna giusto qualche settimana prima in occasione di una sciata tra di noi.
Dato che credo di essere figlia del sole tanto quanto della musica, il mio equipaggiamento personale sulle piste prevede che infili non solo sci, casco, scarponi, etc., ma anche una coppia di auricolari nelle orecchie per zigzagare sulle piste al ritmo delle mie canzoni preferite.
Ovviamente tengo un volume prudentemente basso per il contesto (che impone di essere attenti e vigili), tuttavia sufficientemente alto per invogliarmi a canticchiare tra me e me – quando non anche in concerto con perfetti sconosciuti durante i trasferimenti in seggiovia
L’aspetto particolare di quanto ho appena raccontato, sono sempre state le espressioni che mi riservava Tommaso: tra il serio e l’imbarazzato. Fino ad un memorabile giorno in cui abbiamo raggiunto l’apoteosi: da ferma, in pausa ad un rifugio, ho abbozzato una discreta mossettina di ballo (potete immaginare che grandi giravolte abbia mai fatto con ai piedi gli scarponi) ed a quel punto mio figlio non si è più trattenuto.
Avvicinandosi mi ha detto sottovoce, nell’orecchio: “Mamma per favore stai ferma, e smetti di cantare: fai come tutti gli altri qui attorno…stai ferma e non cantare. Scusa mamma se te lo dico, ma io un pò mi vergogno”.
Finalmente gli era uscito il rospo di gola. Finalmente avevo occasione di dirgli quanto aveva bisogno di ascoltare.
“Sai tesoro, la mamma canta perché la musica è parte di me e di come sono io; qui dentro il mio petto, così come c’è un cuore che batte e pulsa c’è anche un cuore che suona e canta. E non desidero arrestare il movimento di nessuno dei due, perché a modo loro sono entrambi essenziali per la mia vita.
Inoltre, cosa c’è di vergognoso nell’essere semplicemente se stessi? Mentire è vergognoso, come anche essere falsi e ipocriti per piacere agli altri…
La mamma non pensa sia essenziale piacere agli altri; la mamma pensa che quello che conti nella vita sia piacere soprattutto a se stessi. Impara anche tu ad ascoltare te stesso, ascolta chi tu sei e quello che di vero hai dentro, e poi offrilo; potrà piacere agli altri oppure no (questo non lo puoi sapere) ma certamente sarà piaciuto ad una persona molto importante per la tua vita che si da il caso sia proprio TU. Dunque rivolgiti sempre una domanda molto importante: Io Cosa Voglio?
Infine, è bello vero che tu ed Isabella siate diversi e abbiate gusti diversi…non credi? Ti piacerebbe usare i suoi vestiti, le sue scarpe, o magari i suoi nastrini per i capelli? Dunque è meglio essere tutti uguali, o ciascuno unico e differente a modo suo?”.
Poche parole, in grado di cambiare radicalmente la prospettiva di Tommaso; la riprova l’ho avuta dopo alcuni minuti, sentendolo canticchiare con una certa soddisfazione e appagamento la musica del rifugio (cosa che fino a quel momento non aveva mai osato fare).
E dato che io sono figlia della musica quanto Tommaso lo è degli abbracci (solitamente qui a casa è Isabella a dover scappare dalle sue incessanti strette), ho ripreso i termini di quell’episodio in montagna per rispondergli in merito alla vicenda scolastica di cui mi avevano appena parlato lui e sua sorella. Ero certa che la coerenza tra il mio esempio tangibile e le parole di argomentazione gli sarebbero stati d’aiuto.
“Senti Tommaso, tu hai voglia di abbracciare Isabella? Dimentica per un attimo tutte le risatine di contorno dei tuoi compagni, immagina di essere solo con lei, e onestamente dimmi: tu cosa desidereresti fare?”. “Beh, sì…vorrei abbracciarla…“.
“E cosa ti impedisce di farlo?”. “Dai mamma…ridono tutti i miei compagni e io mi sento ridicolo!“.
“I tuoi compagni (ammesso che tutti, ma proprio TUTTI ridano) possono comportarsi così per tanti motivi diversi: per esempio si ride di gioia, di imbarazzo, di entusiasmo, di divertimento, di apprezzamento, di scherno, etc., e noi non sappiamo quale di queste ragioni sia quella più probabile. Ad ogni modo, mi stai forse dicendo che la loro opinione è più importante della tua? che gli altri sono più importanti di te? che preferisci obbedire agli altri anziché ascoltare te stesso?”.
Momento di silenzio, poi la risposta: “Preferisco essere il capo di me stesso mamma, e ho deciso che se mi va la prossima volta a ricreazione abbraccio Isabella”.
Grande Tommaso!
Viviamo in un tessuto sociale di relazioni ed è ovvio che l’opinione degli altri sia importante; ma fatti salvi comportamenti a garanzia del rispetto altrui, mantieni inviolabile e sacro il rispetto di te stesso, di chi sei e della tua autenticità. È sia un tuo onere che un tuo onore, nonché un tassello importante per condurre una vita in linea con le tue aspettative e desideri…ed essere più felice.
Sii te stesso. Tutti gli altri sono già occupati. Oscar Wiilde
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