Tempo fà, in occasione di un corso che stavo preparando sul rapporto genitori/figli, ho letto su un libro questa frase molto semplice e altrettanto interessante: “Lo scopo del matrimonio è l’unione di due esseri umani per diventare migliori di quando erano soli. Quando due esseri umani si uniscono ci sono due possibilità: più di 2 o meno di 2. Si chiama matematica sinergica. Più di 2 quando unendosi diventano migliori di quello che erano da single, migliori di prima.” (Eric de la Parra Paz, PNL con i bambini). E meno di 2 quando solo un coniuge o addirittura nessuno dei 2 si avvantaggia della relazione per evolvere e migliorare, a svilimento quindi non solo di se stessi ma anche del rapporto nel suo complesso.
Ora fate mente locale sui vostri legami, e nello specifico osservate alla vostra unione di coppia: è un’unione sinergica, che nel tempo ha prodotto un risultato pari a più di 2 (come appunto osserva Parra Paz)? vi ha reso migliori come persona? vi ha saputo accrescere ed arricchire? ha portato valore al complesso di tutta la vostra vita e di tutte le vostre relazioni (affettive, professionali, parentali, etc.)? è stata fonte di salute, benessere, sviluppo, crescita, evoluzione per voi come per il vostro partner? Perché è all’interno di questa direzione che andrebbe ricercato il significato di 2 persone che vogliano condividere un progetto di vita e maturare propositi comuni, ovvero: l’uno a sostegno (e non dipendenza) dell’altra, ed entrambi verso mete che siano di reciproco beneficio.
Diversamente, vale la pena rispolverare il vecchio adagio “meglio soli che mal accompagnati”, calzante soprattutto per quanti ricorrano al miraggio di una relazione per scampare alla presunta tirannide di una vita solitaria e da single. Perché il punto (e il paradosso) è proprio questo: per costruire relazioni sane e soddisfacenti è necessario non dipendere da alcuno se non da se stessi, è necessario non fare affidamento su alcuno se non prima di tutto su se stessi, ed è solo dopo aver raggiunto una sana ed efficace indipendenza affettiva che in ogni rapporto saremo in grado di offrire piuttosto che richiedere e pretendere, di esserci per gli altri piuttosto che (più o meno consapevolmente) per noi, il nostro ego ed i nostri bisogni. In ogni relazione l’obiettivo di ogni persona dovrebbe essere quello di aggiungere valore (attraverso il merito dei propri traguardi e sviluppi personali), piuttosto che sottrarne (attraverso legami di dipendenza affettiva).
Bisogna apprendere a stare bene con se stessi per stare bene con gli altri, ed è essenziale soprattutto comprendere la necessità di adoperarsi in prima persona per la qualità della propria vita personale – relazionale; è molto pericoloso credere spetti agli “altri” il compito di farci stare bene, sia perché in questo modo stiamo delegando a terzi la responsabilità del nostro benessere emotivo (e quando queste persone per vari motivi non ci saranno più cosa faremo?! in questo modo non corriamo costantemente il rischio di mettere la nostra vita in stallo?!) sia perché nessuno meglio di noi è in grado di interpretare, comprendere e soddisfare la natura di ogni nostro bisogno.
La prima cosa che due persone si offrono stando insieme dovrebbe essere un sentimento d’amore verso se stessi. Se non ti ami tu, perché dovrei amarti io? E poi amando se stessi si dà molta importanza alla persona con cui si decide di vivere un’intimità. Vuol dire avere una grande considerazione di quella persona. Chi non si ama può darsi a chiunque. L’amore per sé è il ponte necessario per arrivare all’altro.
…..come pretendi di trovare la donna della tua vita, se non hai una vita da offrirle?
Fabio Volo, È una vita che ti aspetto
Se non ti ami tu, perché dovrei amarti io? Se tu per primo non stai bene con te stesso, chi mai credi possa apprezzare la tua compagnia? se non stai vivendo la tua vita, che vita hai da condividere? Alla fine, si riassume tutto in 3 semplici parole: comincia da te.
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