Ti è mai capitato di trovarti in difficoltà, in una di quelle classiche situazioni per le quali non sai che pesci pigliare, e pensare: “meglio restare fermi…guardare…e prudentemente aspettare“, confidando nell’intima certezza che spesso la risposta più saggia ai problemi sia proprio una paziente attesa? Come darti torto; in effetti, considerare l’opportunità che l’orizzonte schiarisca e offrire proverbialmente tempo al tempo, è un comportamento di assoluto buon senso oltre che d’aiuto, soprattutto quando il panorama delle idee e degli stati d’animo è confuso e non è chiara la direzione verso cui orientarsi e muoversi.
È risaputo come sia importante mantenersi fermi e controllati per uscire agevolmente da un terreno di sabbie mobili; ed è noto anche come un tiratore che voglia mirare con precisione ad un obiettivo, debba armarsi soprattutto di calma, pazienza, autocontrollo e attenta osservazione. Ricordo che durante una sessione di coaching ho avuto a che fare con una persona in preda al panico per il frangente estremamente incerto e confuso che stava attraversando, e proprio il fatto di non sapere che direzione prendere e a che santo votarsi (come diceva il coachee in questione) era sufficiente a minare seriamente sicurezza e serenità in ogni aspetto della sua vita. Peraltro, quasi si dimenasse anch’egli nelle insidie di un terreno melmoso e sabbioso, quanto più si innervosiva in preda all’ansia, all’impazienza ed alla collera, accampando risoluzioni a destra e a manca, tanto più inconsciamente continuava a boicottare se stesso, spingendosi sempre più in profondità lungo una spirale di stati d’animo per nulla ottimali al superamento delle sue afflizioni. Non a caso, una delle primissime cose su cui abbiamo lavorato insieme in sessione è stata proprio la capacità di accettare le incertezze e imprevedibilità della vita, e venire a patti con ciò che può capitare ben oltre le proprie aspettative o programmi; perché dopo tutto, riusciamo a conoscere solo ciò che ci permettiamo di vivere (anziché ciò a cui resistiamo), e ci permettiamo di vivere (e conoscere) solo ciò che accettiamo.
E così come è controproducente affrontare le difficoltà agendo in modo compulsivo e caotico (per i più talvolta un’esigenza utile a drenare parte del carico di tensioni e preoccupazioni), privi di una direzione ponderata e per la pura esigenza (fisica e mentale) di rendere ogni muscolo concretamente operativo, è altrettanto controproducente incappare nella tendenza opposta, ovvero affrontare i problemi trattenendosi ad un livello puramente astratto di considerazioni, riflessioni, ponderazioni e sedimentare nell’iperuranio delle idee fini a se stesse.
Ad un estremo un insieme di attività compulsive per la pura esigenza di “fare”; all’altro estremo un insieme di attività teoriche per la pura paura di fare…e certamente anche sbagliare. In questo secondo caso si arenano coloro che temono le incognite derivanti da una propria presa di posizione, coloro che purtroppo possiedono una scarsa e limitata fiducia in se stessi insufficiente a sorreggerli anche solo nel semplice tentare, coloro che evitano di schierarsi in qualsivoglia direzione perché “non fare” illude di “non essere” responsabili (“se non faccio assolutamente nulla, certamente non faccio nulla nemmeno di sbagliato; pertanto, mi posso esimere da qualsiasi colpa o conseguenza” – ecco una pensiero tipico di questa seconda categoria di persone).
Il fatto è che anche il semplice il “non fare” è comunque un’azione (l’atto del non fare appunto) ed un comportamento agito; nello specifico, una decisione ed una azione di immobilismo ovviamente con un ordine inevitabile di conseguenze, meriti e responsabilità per chiunque ne sia stato attore. Non è possibile mettere in pausa il film della propria e altrui vita (al pari per es. di un film cinematografico), e non è possibile congelare nè il divenire del tempo nè il divenire delle situazioni; non a caso, come disse Eraclito “non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume”, e persino noi stessi in questo preciso momento siamo persone diverse rispetto quello che eravamo anche solo 5 minuti fà (prima di leggere questo post per esempio, e prima di meditare sulle intuizioni che vi ha suggerito!).
E nel caso di perplessità e dubbi che sembrino avere la meglio sulla personale determinazione ad agire, il punto non è tanto quello di frenare ogni iniziativa per paura di sbagliare, quanto più riflettere e decidere circa il ruolo in cui si desideri giocare la partita della propria vita: da titolari sul campo che si adoperano al loro meglio per fare gol e raggiungere i propri obiettivi (pur sbagliando), oppure da spettatori passivi nelle retrovie con il solo impegno di osservare e prendere atto delle azioni di gioco (e dei cambiamenti) inevitabilmente intercorsi? Decidiamo di essere parte del cambiamento, ed agirlo… oppure decidiamo di essere agiti dal cambiamento, e accettiamo di subirlo?!
Se vuoi fare un passo avanti, devi perdere l’equilibrio per un attimo. – Massimo Gramellini
Datti da fare, osserva con il dovuto tempo e attenzione cosa sia più opportuno fare e non fare; decidi e agisci, evita di arenarti nel limbo delle tue astrazioni e non permettere di farti passivamente vivere dalle situazioni. Rifletti, valuta, ritrova il tuo centro e poi vai…spendi la tua vita: perché la vita è una ricchezza da spendere, e non da conservare. Certamente non avrai garanzia di successo, e certamente non porti con te la famosa palla di cristallo attraverso cui vedere e prevedere il tuo futuro cautelandoti da qualsiasi rischio. Altrettanto certamente però sarai sceso in campo al meglio delle tue conoscenze e capacità, e altrettanto certamente avrai saputo rendere la tua vita una ricchezza da spendere.
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