Come molti di voi sapranno, sono recentemente tornata da un interessante quanto stimolante viaggio di alcuni giorni nella sfavillante città di New York. Appena arrivata a Manhattan, sia per la curiosità di vedere i dintorni che per la necessità di contrastare gli effetti delle 6 ore di fuso orario (io che amo luce e sole, alle 16 ora newyorchese nonchè 22 ora italiana, annaspavo occhi al cielo reclamando la luna!), di comune accordo con Lisa – la mia compagna di viaggio, abbiamo deciso di lasciare i bagagli in camera per tuffarci quanto prima nel ritmo della affollata e rinomata Times Square.
Ricordo che non appena ho messo il naso all’aria aperta, ancor prima della gente…delle luci…dei grattacieli, ancor prima di qualsiasi altra cosa quello che mi ha letteralmente colpito in pieno volto è stata una ventata sferzante ed inclemente di aria gelida: il naso ha iniziato a pizzicare in modo fastidioso, il respiro è rimasto in apnea per qualche attimo e istintivamente credo di aver contratto anche ogni più piccolo muscolo del mio corpo. Ho rapidamente iniziato a pensare a tutto quello che avrei potuto acquistare in loco per trovare scampo da un simil tempaccio (passamontagna per il viso, scaldini per le mani, paraorecchie, etc.), salvo poi risolvere di camminare seduta stante a passo sostenuto proprio per riattivare la circolazione e scaldarmi.
Muovo i primi passi, ed ecco che incrocio via via una serie di ragazze in maglietta scollo a V e giaccone aperto, nonché ragazzi in camicia e giacca appoggiata sulle spalle, signore con ai piedi scarpe spuntate e dei calzini corti di cotone, nonché (dulcis in fundo) un ragazzo tutto nudo che chitarra alla mano cantava felice e a gran voce con l’intento ovviamente di richiamare attenzione (e quindi dollari) per una foto insieme a lui. “Qui sono tutti pazzi! una manica complessiva di pazzi allo stato puro! non si respira dal freddo, e questi se ne vanno in giro in magliettina di cotone piuttosto che tutti nudi?!”; questo sommariamente il primo pensiero della città che mi è passato per la mente.
A ben vedere però, è corretto credere che buona parte dei newyorchesi siano pazzi semplicemente perché avrebbero una percezione del clima e della temperatura differente dalla mia? Chi ha ragione…e chi torto? Vi basti sapere che dopo 4 giorni ho incontrato nuovamente il Naked Cowboy (il ragazzo nudo con la chitarra) in giro per le strade, bello come il sole e soprattutto senza nemmeno un accenno di tosse (avessi fatto io una esibizione del genere, tempo qualche ora e probabilmente svenivo assiderata); mentre per quanto mi riguarda, appena rientrata in Italia ho passato la prima notte sudando per gran partre del sonno. Evidentemente, avevo iniziato anch’io a temprare il fisico su quella malaugurata onda climatica
Altra cosa che mi ha stupito perché molto distante dalla nostra mentalità italiana, è il discorso delle mance. Se per noi concedere una gratuity (ovvero una mancia) è del tutto opzionale, a New York invece è un costume obbligatorio per qualsiasi servizio (bar, ristorante, taxi, etc.), definito persino nell’ammontare (solitamente il doppio delle tasse, quindi all’incirca non meno del 17% calcolato sul totale in conto). Coerentemente con il background di provenienza, il mio primo pensiero a riguardo è stato: “perché dovrei pagare dei soldi in più? se questo è il totale, perché dovrei aggiungere un ulteriore costo?! e soprattutto, perché devo? la mancia è piuttosto una opzione, e non un obbligo definito persino nella percentuale…”. Chi ha ragione…e chi torto?! Come per la situazione precedente, anche in questo caso la ragione è di entrambi: dal mio punto di vista (italiano) è corretto rappresenti una forzatura perché la mancia nel nostro paese non è dovuta, quanto più un benefit aggiuntivo a discrezione (e umore!) del consumatore; a New York invece non si può non lasciare la mancia soprattutto perché corrisponde alla quasi totalità della retribuzione complessiva per camerieri, baristi, etc, peraltro proprio per questo incentivati verso il cliente ad un servizio di massima qualità (infatti sia io che Lisa siamo rimaste stupefatte per l’estrema disponibilità, cortesia, affabilità che ogni locale ci ha riservato).
Cultura, percezione, prospettive, stili di vita…: vi ho fatto l’esempio di un paio di aspetti salienti, a fronte di un carnet decisamente molto ricco! Sopra tutto, la premessa da ricordare è come nessuno di noi sia depositario di una verità unica e assoluta, quanto piuttosto della verità conforme alla propria cultura, punto di vista e percezione personale. E tutto ciò ovviamente vale per qualsiasi esperienza, situazione o contesto, perché converrete con me quanto frequentemente sia possibile avere prospettive e punti di vista estremamente differenti anche all’interno di uno stesso ufficio piuttosto che di una stessa famiglia, senza necessariamente varcare confini oltre oceano. E chi avrà ragione…e chi torto?
Vi saluto con un gioco preso a prestito dal Corso Insights Discovery in programma per il prossimo mese di aprile; tra le altre cose, Insights permette di lavorare efficacemente proprio sul tema della percezione e della flessibilità percettiva, e quello che segue ne è un esempio!
Quindi ora osservate la ballerina e ditemi: gira verso destra (senso orario) o piuttosto verso sinistra (senso antiorario)? Chi ha ragione…chi torto?! Buon divertimento
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