È importante avere delle abitudini e coltivare piccole routine personali attraverso cui rendere la vita quotidiana un pò più comoda oltre che semplice.
Le nostre consuetudini fanno risparmiare una incredibile quantità di tempo ed energie alla mente e parallelamente contribuiscono ad accorciare i tempi delle azioni che ne conseguono.
Non hai bisogno di ponderare come ti piace dormire la notte…l’ora in cui impostare la sveglia al mattino…o il cibo che vuoi mangiare: è a tal punto scontato oscurare completamente camera tua…svegliarti sempre alla medesima ora…arricchire ogni pasto principale di verdura, che istintivamente è quasi impossibile per te fare diversamente.
Puoi cambiare, certo. Ma cambiare è difficile.
Soprattutto in virtù del fatto che certi stili di pensiero e azione sono a tal punto radicati al tuo interno da risultare dei veri e propri automatismi di comportamento.
E fino a quanto si parla delle convinzioni che hai in fatto di alimentazione, riposo o ambiente notturno nulla di grave: è la tua vita e hai tutto il diritto di programmarla come credi sia meglio per te.
Il discorso invece cambia quando ciò che credi e pensi ha a che fare con il complesso degli esseri umani là fuori.
Il discorso cambia se magari credi che “i ciccioni fanno schifo”, “le donne se ne devono stare chiuse in casa”, o “i gay devono tutti sparire dalla faccia della terra” (frasi purtroppo reali che ho indirettamente ascoltato/letto recentemente).
In casi come questo i famosi “schemi” di cui abbiamo parlato all’inizio non sono più il valore aggiunto di una mente efficiente, ma la rigidità e il vincolo di un pensiero infinitamente limitato e ristretto.
Ne sa qualcosa il professore autore della lettera che leggerai a breve. Una lettera colma di affermazioni tanto crude quando vere, semplici e profonde.
Una lettera in risposta a fatti e conseguenze reali che non rendono onore al genere umano.
E al di là di quando e dove abbiano avuto luogo i fatti descritti, capirai quanto io…tu, tutti noi insieme con le nostre scelte e non scelte siamo in ogni istante co-autori di quello che succede nel mondo.
Un consiglio? Leggi il contributo che segue…e abbi il coraggio di cambiare e indossare qualche “abito” apparentemente scomodo ti tanto in tanto: che non c’è niente di più pericoloso di un’idea quando quest’idea è l’unica che tu abbia mai avuto.
Lettera di E. Galliano
Oggi una ragazza della mia città (Pordenone) ha cercato di uccidersi.
Ha preso e si è buttata dal secondo piano.
No, non è morta. Ma la botta che ha preso ha rischiato di prenderle la spina dorsale. Per poco non le succedeva qualcosa di forse peggiore della morte: la condanna a restare tutta la vita immobile e senza poter comunicare con gli altri normalmente.
“Adesso sarete contenti” ha scritto. Parlava ai suoi compagni.
Allora io adesso vi dico una cosa. E sarò un pò duro, vi avverto. Ma c’ho ‘sta cosa dentro ed è difficile lasciarla lì.
Quando la finirete?
Quando finirete di mettervi in due, in tre, in cinque, in dieci contro uno?
Quando finirete di far finta che le parole non sono importanti, che siano “solo parole”, che non abbiano conseguenze, e poi di mettervi lì a scrivere quei messaggi – li ho letti, sì, i messaggi che siete capaci di scrivere – tutte le vostre “troia di merda”, i vostri “figlio di puttana”, i vostri “devi morire”.
Quando la finirete di dire “Ma sì, io scherzavo” dopo essere stati capaci di scrivere “non meriti di esistere”?
Quando la finirete di ridere, e di ridere così forte, quando passa la ragazza grassa, quando la finirete di indicare col dito il ragazzo “che ha il professore di sostegno”, quando la finirete di dividere il mondo in fighi e sfigati?
Che cosa deve ancora succedere, perché la finiate? Che cosa aspettate? Che tocchi al vostro compagno, alla vostra amica, a vostra sorella, a voi?
E poi voi. Voi genitori, sì. Voi che i vostri figli sono capaci di scrivere certi messaggi. O quelli che ridono così forte.
Quando la finirete di chiudere un occhio?
Quando la finirete di dire “Ma sì, ragazzate”?
Quando la finirete di non avere idea di che diavolo ci fanno 8 ore al giorno i vostri figli con quel telefono?
Quando la finirete di non leggere neanche le note e le comunicazioni che scriviamo sul libretto personale?
Quando la finirete di venire da noi insegnanti una volta all’anno (se va bene)?Quando inizierete a spiegare ai vostri figli che la diversità non è una malattia, o un fatto da deridere? Quando inizierete a non essere voi i primi a farlo, perché da sempre non sono le parole, ma gli esempi gli insegnamenti migliori?
Perché quando una ragazzina di dodici anni prova a buttarsi di sotto, non è solo una ragazzina di dodici anni che lo sta facendo: siamo tutti noi. E se una ragazzina di quella età decide di buttarsi, non lo sta facendo da sola: una piccola spinta arriva da tutti quelli che erano lì non hanno visto, non hanno fatto, non hanno detto.
E proprio tutti noi, proprio tutti, siamo quelli che quando succedono cose come questa devono vedere, fare, dire. Anzi urlare. Una parola, una sola che è “Basta”.”
– Lettera scritta dal prof Enrico Galliano di PN nel 2016
Ogni bene per Te,
Daria